mercoledì 15 novembre 2017

La ricerca de.... li cascigne...

Preambolo
A scuola, ai miei studenti, racconto spesso la storia di una mia disavventura contemporaneamente avventura successa da piccolo e con la quale parlo dello stimolo della curiosità.

Ho la fortuna di poter parlare e confrontarmi con quasi una settantina di ragazzi delle scuole medie, in due scuole differenti di Firenze, ragazzi provenienti da tantissime parti del mondo, ognuno con i propri usi e costumi e ovviamente modi di affrontare la vita.

Addirittura ho l'occasione di fare loro lezione in più lingue, arricchendo e migliorando il mio inglese, incastrato nella loro volontà di insegnarmi lo spagnolo.

E mi diverto tantissimo...

Insegno loro le matematiche e le scienze e ho osservato una cosa che li accomuna tutti, e accomuna anche i loro omologhi dell'anno passato: non sempre vanno oltre l'assegnato, non utilizzano la propria naturale curiosità che li porta a fare le scoperte di tutti i giorni, anche a scuola per approfondire gli argomenti.

Approfondimenti che spesso sono necessari non tanto per saperne di più, ma per impadronirsi della materia e fare in modo che ci diventi automatica e possa permetterci di ottenere risultati e voti soddisfacenti senza il rischio dei brutti scherzi legati alla insicurezza.

E ogni volta racconto loro di come feci la mia prima ricerca autonoma, frutto dell'impossibilità di credere a quanto la mia stessa insegnante mi stesse dicendo.

Ed è una ricerca nel mondo del mio dialetto, l'abruzzese, e delle sue traduzioni.

Il fattaccio
Un bel giorno, ero in quarta elementare, a casa di amici scopro una verdura nuova, selvatica, che puoi mangiare sia ad insalata che ripassata in padella... 

Aveva un sapore deciso e, sebbene amarognolo, molto gradevole, da cruda pizzicava il palato...

Ho chiesto il nome e me l'hanno detto

"quess è li cascigne!"

"Li cascigne", chissà quale era il loro nome in italiano... Il giorno successivo, a scuola, chiedo alla maestra.

La maestra era nuova, non quella dell'anno precedente, con lei avremmo fatto quarta e quinta e ci stavamo conoscendo. Aveva, ricordo, un modo tutto suo di affrontare le materie e, addirittura, a storia affrontammo il discorso al contrario, partendo dal recente e andando verso il passato...

Non ricordo il nome della maestra e il metodo per quanto poco ortodosso sembrava interessante, tuttavia non portò ai risultati sperati tant'è che rimanemmo con un vuoto di tutto quello che successe fino alla fine della terza elementare e quello che mancava alla fine della quinta ma andando a ritroso a partire dai giorni nostri... Insomma un casino infinito.

Vado speranzoso da lei e le chiedo quale fosse il termine italiano per "li cascigne", sicuro ci fosse come per qualsiasi parola dialettale nella nostra lingua. 

Lei mi risponde che non esisteva il corrispettivo...

Non c'era il corrispettivo? Ma che?! Scherziamo?! Non era possibile...

Torno a casa e penso d'averne parlato con i miei e loro mi proposero un vocabolario di Italiano - Abruzzese, Abruzzese - Italiano. Un libro più unico che raro, dalla copertina ormai distrutta dall'età e dall'uso, di mio zio, il quale l'ha poi rivoluto.

Cerco i famigerati "cascigne" e trovo la soluzione..

Cascigne: crespigno o cicerbita.

Li cascigne, conosciuti anche come crespigno (con le foglie crespe che pungono il palato, appunto!) o cicerbita (come viene chiamata da mia suocera qui in toscana dove vivo), sono una particolare verdura di campo, simile alla cicoria o al tarassaco, che selvatica si trova dappertutto.

Lu cascegne, o crespigno o Cicerbita, Sonchus oleraceus Linnaeus, 1753. Tratto dalla pagina wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Sonchus_oleraceus

Svelato l'arcano e tronfio di un'autostima di cui eccello e che sono coscio spesso rasenta il difetto, porto il risultato della mia scoperta ad una basita maestra.

Certo, io pecco in modi di fare, ma dall'altro lato alla risposta "non esiste" ho reagito con la ricerca con l'inconsapevole voglia di soddisfare la necessità di conoscenza, perché non può esistere un "no" ma il no deve essere dimostrato. 

E la maestra si sbagliava.

Conclusioni
Questa è stata la mia prima ricerca, libera ed indipendente, in risposta ad una risposta non soddisfacente e, come si è rivelato, anche sbagliata.

La curiosità ce l'abbiamo tutti, dobbiamo allenarla affinché ci possa aiutare duranti le fasi della nostra crescita, e non deve essere frustrata con gli "è impossibile" o i "non esiste". ' necessario che, invece, ci si provi a dare una risposta, per quanto sbalgiata, che si stimoli la naturale voglia di sfida e di conoscenza che i ragazzi hanno, incamminandosi spesso su sentieri poco battuti ma che portano alla scoperta dei più importanti tesori.


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